È una erogazione in denaro destinata a coloro che sono in condizione di grave difficoltà economica ed inseriti nelle condizioni di povertà assoluta, senza altre entrate economiche né accesso ad altri sussidi. Viene riconosciuta ai nuclei familiari. La durata è limitata nel tempo, e quando termina bisogna fare nuovamente domanda. L’ammontare del beneficio deve essere ricalcolato a seconda del numero dei componenti del nucleo familiare. Per accedere bisogna dimostrare di averne bisogno (means test) e viene erogato solo a coloro che dimostrano di essere sotto la soglia di povertà assoluta. Vi è l’obbligo ad accettare il lavoro che viene proposto, e se rifiutato si può perdere il beneficio. I beneficiari devono sottoscrivere un patto per il lavoro con i centri per l’impiego ed essere sempre disponibili qualora chiamati a lavorare. Il beneficiario può essere preso in carico dai servizi sociali comunali per le verifiche del caso e invitato anche a sottoscrivere la disponibilità a partecipare ad eventuali progetti con enti no profit. È una misura di contrasto alla povertà. Viene pagato attraverso la fiscalità generale.
Questa misura è presente in alcuni paesi europei già da molto tempo. Anche l’Italia ha introdotto negli anni diverse misure di reddito di inclusione o di inserimento. Il nostro Paese ha introdotto inoltre il cosiddetto reddito di cittadinanza che prevede alcuni criteri simili al classico reddito di inclusione come il “means test”, cioè l’accertamento dello stato di bisogno per farne richiesta, il riconoscimento del beneficio al nucleo familiare o la condizionalità ad accettare un lavoro proposto attraverso il patto per il lavoro e l’inclusione. Il reddito di cittadinanza tuttavia si inserisce tra gli schemi di reddito di inserimento\inclusione e gli schemi di reddito minimo garantito.